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Il tradimento comporta il risarcimento danni?
Depressione per infedeltà: il risarcimento spetta solo se la sofferenza è stata insopportabile.
Di regola, la separazione con colpa (il cosiddetto “addebito”) non implica anche il risarcimento del danno. Le uniche sanzioni per chi viola i doveri del matrimonio sono costituite dalla perdita di due diritti: quello all’assegno di mantenimento e quello a succedere all’ex coniuge in caso del suo decesso.
Più volte, è stato chiesto alla giurisprudenza se il tradimento comporta il risarcimento danni. E ciò per via dell’indubbio impatto psicologico ed emotivo che la scoperta di un adulterio può avere sul coniuge tradito.
La questione è stata riproposta proprio di recente alla Cassazione che, con una recente ordinanza [1], ha ribadito la linea interpretativa “tradizionale”.
Per sapere dunque se il tradimento comporta il risarcimento danni non resta che leggere il contenuto di tale pronuncia per come lo semplificheremo qui di seguito.
Indice
* 1 Separazione con colpa e risarcimento danni
* 2 È possibile il risarcimento senza addebito
* 3 Il principio del risarcimento danni da separazione
* 4 Approfondimenti
Separazione con colpa e risarcimento danni
Di regola, la depressione per il tradimento del coniuge non può condurre al risarcimento del danno morale, a meno che non vi sia la prova concreta di una sofferenza insopportabile con risvolti gravi sullo stato di salute o sull’onore o sulla dignità personale.
L’orientamento tradizionale della Corte è sempre stato quello di ritenere non risarcibile il tradimento a meno che non abbia leso uno dei diritti costituzionali della persona. Tra questi, c’è sicuramente l’onore. Per cui l’infedeltà avvenuta in pubblico e con modalità umilianti, tali da compromettere la dignità del coniuge tradito (si pensi a una relazione extraconiugale consumata dinanzi agli occhi di tutti, in società) dà diritto al risarcimento.
Un altro diritto costituzionale che potrebbe essere leso dall’infedeltà è anche la salute. Ma in questo caso, non basta il semplice turbamento per il fallimento del matrimonio e la depressione per la separazione. La condizione di afflizione indotta nel coniuge deve superare la soglia di tollerabilità e tradursi, per le sue modalità, in un grave sconvolgimento fisico-psicologico.
Quindi, non è la semplice infedeltà a determinare il diritto a ottenere il pagamento dei danni morali sofferti, ma quel “qualcosa in più” che, come detto, è costituito da una sofferenza insopportabile, la lesione di un diritto fondamentale della persona che trova nella costituzione la sua proclamazione.
È possibile il risarcimento senza addebito
In questo senso – aggiunge la Corte – è addirittura possibile ottenere il risarcimento dei danni morali anche senza una pronuncia di addebito. Si pensi al caso di chi tradisce il coniuge, con modalità umilianti, quando ormai il matrimonio è naufragato per altre ragioni. In un caso del genere, infatti, non è l’infedeltà la causa della separazione e ciò implica l’assenza di addebito; ma non bisogna neanche sottostimare le modalità con cui è avvenuto l’adulterio che, avendo leso la dignità della vittima, consentirà di ottenere il risarcimento dei danni.
Il principio del risarcimento danni da separazione
Dalla sintesi di questi principi esce fuori la massima che la Cassazione, nella sentenza in commento, ha così sintetizzato: «la natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio implica che la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali, senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva». A patto, però, che «la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all’onore o alla dignità personale».
Agenzia IDFOX Investigations è specializzata nelle indagini a tutela e diritto di famiglia.
Falsa testimonianza per amore: mente al giudice per salvare l'amante
Impiegato incastrato dal detective: condannato
Un detective privato al lavoro
Tra moglie e marito non mettere il dito, recita un vecchio proverbio, ignorato però dal protagonista di questa vicenda giudiziaria, che ha mentito davanti al giudice per... amore della sua amante. Si tratta di un impiegato lucchese di 50 anni che è stato condannato a un anno e 4 mesi di reclusione, per il reato di falsa testimonianza.
La separazione giudiziale
Passaggi e tempi per porre fine alla convivenza quando non c'è un accordo tra i coniugi. Cosa può decidere il giudice? E quanto si aspetta per il divorzio?
Le cose non sempre vanno come si pensava e, così, può succedere che una coppia decida di dirsi addio per sempre e di ricominciare separatamente una nuova vita. A volte, però, lasciarsi in buoni rapporti risulta complicato, specialmente se c'è da dividere un patrimonio e, soprattutto, se entrambi gli ex coniugi vorrebbero avere la custodia dei figli e pretendere che l'altro contribuisca al mantenimento. Quando l'accordo su queste ed altre cose non c'è, si arriva alla separazione giudiziale. Che cos'è e che cosa comporta è quello che vedremo in questo articolo.
La separazione giudiziale, dunque, non va confusa con quella consensuale. A quest'ultima, infatti, si arriva grazie ad un accordo tra i coniugi su quali saranno i loro compiti e le loro responsabilità una volta cessata la convivenza. Nella separazione giudiziale, invece, è un magistrato a decidere questi aspetti, poiché l'intesa di partenza non c'è stata.
Ed è qui che comincia il "festival" delle accuse, dei rimproveri e dei rinfacciamenti. A volte, purtroppo, senza esclusione di colpi, il che rende tutto molto più difficile. Bisogna portare in tribunale le prove dell'impossibilità di continuare la convivenza, il che non è sempre una passeggiata. La separazione giudiziale, infatti, comporta mettere sul banco davanti ad un giudice le proprie frustrazioni ed i fallimenti della coppia e cercare di dare un perché, possibilmente addossando la colpa alla controparte.
Arrivati a questo punto, dunque, diventa fondamentale sapere come muoversi, come difendersi e quali sono i propri diritti per affrontare con la massima preparazione la separazione giudiziale. Tutti aspetti che vediamo di seguito.
Indice
* 1 Separazione giudiziale: che cos'è?
o 1.1 Che cosa si intende per convivenza intollerabile?
* 2 Separazione giudiziale: chi ne ha la competenza?
* 3 Separazione giudiziale: come si fa?
o 3.1 L'udienza di comparizione
o 3.2 L'udienza davanti al giudice istruttore
* 4 Separazione giudiziale: che cosa può decidere il giudice?
* 5 Separazione giudiziale: la pronuncia di addebito
o 5.1 Addio alla comunione dei beni
o 5.2 A chi va la casa?
o 5.3 Chi paga l'assegno di mantenimento?
o 5.4 Eredità e pensione di reversibilità
* 6 Separazione giudiziale: quanto ci vuole per il divorzio?
Separazione giudiziale: che cos'è?
Per definizione, la separazione giudiziale è il procedimento che uno dei coniugi promuove in disaccordo con l'altro per porre fine alla loro convivenza. Attraverso questo procedimento si ottiene una sentenza di separazione basata su fatti (anche indipendenti dal volere della coppia) che rendono la convivenza intollerabile oppure possono recare danno alla prole.
Che cosa si intende per convivenza intollerabile?
In qualsiasi tipo di convivenza ci vuole un minimo di tolleranza: al lavoro non tutti i colleghi meriterebbero un abbraccio ogni mattina, ma tocca tenerseli accanto tutti i giorni e, per questo, bisogna armarsi di pazienza ed accettare qualche difetto (come gli altri faranno con i nostri). Lo stesso succede con i vicini di casa: sopportare il cane che abbaia dall'altra parte del pianerottolo o il condomino che rientra la sera tardi facendo un po' di fracasso non sempre è facile. Ma, anche qui, per evitare battaglie quotidiane ogni tanto serve la pazienza.
Figuriamoci in un rapporto di coppia, dove ciascuno cerca di consolidare il proprio spazio con le proprie abitudini senza troppe interferenze, nemmeno da parte del marito o della moglie. Ma se con il collega o con il vicino di casa si è disposti ad essere permissivi (almeno fino ad un certo punto), che cosa fa diventare intollerabile la convivenza con il partner per arrivare perfino alla separazione giudiziale?
Il pensiero che potrebbe apparire più scontato è che la convivenza diventa intollerabile quando uno dei due coniugi comincia a violare gli obblighi matrimoniali: infedeltà, indifferenza verso l'altro, scarsa partecipazione alla vita affettiva ed economica della famiglia, ecc. Tuttavia, la tesi più diffusa è che i fattori che portano all'intollerabilità di una convivenza non dipendano dalla volontà dei coniugi. Si parla, quindi, dell'incompatibilità di caratteri, della diversità culturale acquisita in passato, di due modi paralleli di concepire il futuro della coppia e della famiglia, ecc. Cose che, a dire la verità, potevano scaturire durante il fidanzamento, ma questa è un'altra storia.
In ogni caso, il distacco non solo fisico (mancanza di rapporti sessuali, ad esempio) ma anche spirituale (carenza assoluta di dialogo e indifferenza più totale verso l'altro) rendono la convivenza intollerabile e portano, inevitabilmente, verso la separazione giudiziale. Anche quando questo atteggiamento lo dimostra uno solo dei coniugi. Perché non finisce solo per ferire l'altro: ha una ricaduta immancabile sui figli.
Separazione giudiziale: chi ne ha la competenza?
Chi vuole presentare domanda di separazione coniugale deve rivolgersi, nell'ordine, ad uno di questi tribunali:
* a quello del luogo di ultima residenza comune della coppia;
* in mancanza di questo, al tribunale del luogo in cui ha la residenza o il domicilio il coniuge contro il quale si presenta la richiesta;
* se il convenuto risiede all'estero oppure è irreperibile, al tribunale del luogo in cui il coniuge ricorrente ha residenza o domicilio;
* ad un qualsiasi tribunale italiano nel caso in cui entrambi i coniugi siano residenti all'estero.
Durante il procedimento è obbligatoria la partecipazione di un pubblico ministero, il quale avrà la competenza di presentare delle nuove prove, fare delle richieste o impugnare una sentenza quando lo ritenga opportuno.
Separazione giudiziale: come si fa?
Chi vuole porre fine alla convivenza e non trova un accordo con l'ex coniuge sulle condizioni della separazione, può fare richiesta di separazione legale presentando ricorso in una delle sedi sopracitate.
Il ricorrente deve specificare i motivi della sua domanda e se la coppia ha dei figli. Deve, inoltre, allegare le dichiarazioni dei redditi dei due coniugi di almeno gli ultimi tre anni.
Giunto il ricorso in tribunale, il Presidente fissa con decreto nei successivi cinque giorni:
* la data dell'udienza alla quale devono presentarsi i due coniugi (entro 90 giorni dal giorno in cui è stato depositato il ricorso);
* il termine entro il quale deve essere notificato il ricorso da parte del ricorrente e del decreto all'altro coniuge;
* il termine entro il quale il coniuge convenuto (cioè quello che è stato citato da chi ha presentato il ricorso) ha la possibilità di depositare la memoria difensiva ed eventuali altri documenti.
L'udienza di comparizione
Citati entrambi dal presidente del Tribunale, i coniugi devono comparire per la prima udienza che apre il processo di separazione giudiziale. I due devono presentarsi obbligatoriamente di persona assistiti dai rispettivi avvocati.
Possono succedere tre cose:
* si presentano i due coniugi: l'udienza avviene normalmente;
* non si presenta il coniuge ricorrente: il presidente del Tribunale chiude il procedimento per rinuncia agli atti. In pratica, è come se la separazione giudiziale venisse "abortita";
* non si presenta il giudice convenuto, cioè la controparte di chi ha avviato il procedimento: il presidente del Tribunale fissa una nuova udienza e, se lo ritiene opportuno, decide con un'ordinanza gli aspetti urgenti che non possono essere rimandati.
Dei tre, gli ultimi due casi sono quelli eccezionali. Il primo, quello in cui si presentano entrambi i coniugi davanti al giudice, dovrebbe essere quello normale. In questo caso, il presidente del Tribunale cerca prima una mediazione per evitare che il procedimento vada avanti e che si arrivi alla separazione. Anche qui, ci sono diverse possibilità:
* l'accordo viene trovato: si redige un verbale ed il procedimento di separazione finisce lì;
* l'accordo non viene trovato: il presidente del Tribunale nomina un giudice istruttore e fissa una nuova udienza davanti a quest'ultimo.
L'udienza davanti al giudice istruttore
Questo articolo finirebbe qui se si fosse trovato un accordo davanti al presidente del Tribunale, cioè se la tentata conciliazione avesse successo ed i coniugi vivessero da quel momento in poi felici e contenti. L'articolo, invece, continua ipotizzando che quell'accordo non è stato trovato e che, quindi, il procedimento di separazione giudiziale, purtroppo, va avanti.
Come appena detto, si arriva davanti al giudice istruttore nell'udienza fissata dal Presidente nella fase precedente. Non ci sono più dei tentativi di intesa fra i coniugi, ma si va a stabilire le condizioni della separazione. Tant'è che il giudice può anche produrre delle prove nuove che riguardino i figli.
Il Tribunale, conclusa la fase istruttoria, emette una sentenza di separazione che la controparte può impugnare se lo ritiene opportuno. Inoltre, il giudice può emettere una sentenza non definitiva con cui risolve subito la separazione ma lascia che la causa vada avanti nel caso ci siano altre questioni da risolvere tra i coniugi, come ad esempio quelle che riguardano il patrimonio oppure l'affidamento dei figli.
Separazione giudiziale: che cosa può decidere il giudice?
Ci sono diversi provvedimenti durante il procedimento di separazione giudiziale. Innanzitutto, c'è l'ordinanza con cui il presidente del Tribunale decide sulla situazione dei figli e sui doveri e diritti dei coniugi, come ad esempio eventuale obbligo di mantenimento o assegnazione ad uno dei due dell'abitazione coniugale.
Quest'ordinanza è immediatamente esecutiva. Ma è anche modificabile o revocabile dal giudice istruttore con ulteriore sentenza oppure impugnabile con il dovuto reclamo alla Corte d'Appello.
Tra i provvedimenti più importanti ci sono, ovviamente, quelli che riguardano i figli, poiché è il loro interesse quello che prevale nel momento in cui un giudice deve emettere una sentenza. In particolare, la legge ha apportato alcuni anni fa qualche novità in proposito che il Tribunale deve tenere in considerazione [2]. In particolare:
* l'affidamento dei figli ad un solo genitore e l'opposizione all'affidamento condiviso;
* l'assegnazione dell'abitazione coniugale in base alla proprietà e agli accordi economici valutando gli interessi dei figli;
* l'obbligo di ascoltare il figlio minorenne durante il procedimento, a meno che non sia opportuno;
* l'obbligo di mantenimento non solo dei figli minorenni ma anche di quelli maggiorenni quando non sono economicamente autonomi.
Separazione giudiziale: la pronuncia di addebito
Di chi è la colpa di un matrimonio fallito? E quali sono le conseguenze che deve affrontare il coniuge a cui viene addebitato quel fallimento? Al giudice l'ardua decisione. Di solito, si basa su delle prove in grado di dimostrare che una delle parti ha violato i doveri matrimoniali con un comportamento poco o per nulla costruttivo. In questo caso, e su richiesta del ricorrente, può stabilire nella sentenza a chi attribuire la responsabilità della separazione.
Le conseguenze di questo addebito sono, soprattutto, economiche e patrimoniali (oltre a quelle affettive sulle quali nessun giudice è in grado di decidere perché appartengono alla sfera personale di ciascuno). Vediamo quali sono i principali effetti della separazione giudiziale.
Addio alla comunione dei beni
Prima conseguenza della separazione giudiziale: il regime di comunione dei beni viene immediatamente sciolto nel caso in cui i coniugi lo avessero adottato il giorno del loro matrimonio. Questo regime salta per aria nel momento stesso in cui il presidente del Tribunale dà il via libera alla separazione.
A sua volta, questo effetto della separazione giudiziale comporta:
* il subentro della comunione ordinaria al posto di quella legale;
* il passaggio al patrimonio comune dei beni de residuo;
* un nuovo regime patrimoniale, cioè quello della separazione.
A questo si aggiunge la separazione del patrimonio. Prima, però, bisogna procedere ai rimborsi e alle restituzioni dell'uno verso l'altro [3]. Significa che se uno dei due ha prelevato dal conto in comunione una cifra che non era destinata a soddisfare un obbligo familiare, dovrà restituirla. Lo stesso deve fare chi ha deciso di spendere una somma di sua iniziativa a meno che sia un atto di straordinaria amministrazione e venga dimostrato il vantaggio per la comunione o abbia soddisfatto un bisogno della famiglia.
Ciascuno dei coniugi può reclamare indietro i soldi prelevati dal patrimonio personale e destinati al patrimonio comune. Così come chi è in credito può prelevare dalla cassa comune (nell'ordine in denaro, in mobili ed in immobili) fino a pareggiare il conto.
A chi va la casa?
Una delle grane più ricorrenti quando si affronta una separazione giudiziale è quella dell'abitazione: a chi va la casa in cui sono stati i coniugi fino all'ultimo giorno di convivenza? Anche in questo caso decide il giudice, tentando di salvaguardare, soprattutto, l'interesse dei figli.
Può darsi, però, che i coniugi non abbiano avuto dei bambini. In questo caso, il giudice valuta queste due ipotesi:
* la casa è di proprietà comune, cioè è intestata ad entrambi i coniugi;
* la casa è di proprietà esclusiva di uno dei due, come nel caso in cui lui l'abbia ereditata dal padre e ci abbia vissuto con la moglie gli anni in cui sono stati insieme.
Solo nel primo caso si potrà pretendere la divisione giudiziale della casa. Nel secondo, invece, l'immobile resterà a chi detiene la proprietà esclusiva oppure (tornando al caso dei bambini) al genitore a cui vengono affidati i figli, anche se avrà il solo diritto di godimento.
Chi paga l'assegno di mantenimento?
Chi si trova l'addebito della separazione deve per forza pagare l'assegno di mantenimento all'ex coniuge ed ai figli? Diciamo, intanto, che l'assistenza materiale è prevista nel Codice civile in questo modo: "Il giudice - si legge - stabilisce in favore del coniuge il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto necessario al suo mantenimento, qualora egli non disponga di adeguati redditi propri" [4]. In pratica, e poiché la separazione giudiziale non cancella il matrimonio ma solo alcuni dei doveri dei coniugi, assistenza e rispetto restano fino al divorzio, così come deve restare lo stesso tenore di vita goduto fino a quel momento [5].
Se ne deduce che l'obbligo di assistenza materiale si traduce nel versamento dell'assegno di mantenimento, dovuto quando:
* c'è una separazione legale;
* uno dei due coniugi non ha un reddito proprio;
* il coniuge beneficiario dell'assegno non è il responsabile della separazione (cioè non gli è stata addebitata la fine della convivenza);
* il coniuge che deve pagare l'assegno ha un reddito sufficiente a garantire il mantenimento.
Attenzione, però: la Cassazione ha stabilito che se la convivenza è stata piuttosto breve l'assegno di mantenimento non sarà dovuto [6].
Eredità e pensione di reversibilità
Il coniuge separato ha diritto alla pensione di reversibilità dell'altro coniuge nel caso in cui quest'ultimo muoia? Se la sentenza di separazione giudiziale non dice il contrario, la risposta è sì. Ha diritto alla pensione di reversibilità sempre per lo stesso motivo che abbiamo citato più volte, cioè: la separazione non scioglie il matrimonio. Quindi il superstite è, a tutti gli effetti, vedovo o vedova della defunta o del defunto.
Di conseguenza, avrà anche il diritto di ereditare la sua quota di patrimonio. Viceversa, perderà i diritti successori il coniuge a cui è stata addebitata la separazione.
Separazione giudiziale: quanto ci vuole per il divorzio?
Se la separazione giudiziale non ti basta e vuoi che vengano annullati del tutto gli effetti del matrimonio chiedendo il divorzio, sappi che i tempi non sono eterni ma nemmeno viene risolto tutto dall'oggi al domani.
Il termine per vedere nero su bianco la parola fine sul tuo matrimonio è un anno. Dodici mesi che trascorrono dalla prima udienza davanti al presidente del Tribunale per il tentativo di conciliazione.
I fatti di questa singolare vicenda giudiziaria, approdata davanti al giudice monocratico……….. risalgono al 2014. All'epoca l'impiegato, residente in Lucchesia, aveva da tempo una relazione con una donna sposata, di circa dieci anni più giovane, il cui matrimonio già in crisi sfociò poi in una causa di separazione in tribunale a Lucca. Davanti al giudice che doveva valutare i termini di quella separazione, fu chiamato a testimoniare anche l'amante, perché il marito sosteneva che il tradimento della moglie andava avanti da tempo e quindi voleva dimostrare che la separazione coniugale avveniva per colpa della donna. Ma al processo civile, l'amante sostenne di aver iniziato la relazione con la donna solo dopo che lei e il marito avevano avviato le pratiche per la separazione. Peccato che l'altro, sospettando appunto il tradimento, avesse ingaggiato un detective, che per parecchio tempo aveva tenuto d'occhio i due amanti, documentandone gli incontri. Ed ecco così spuntare foto e altre prove inequivocabili della nascita di una relazione clandestina già da tempo, quindi una delle cause della separazione stessa.
A quel punto il giudice civile aveva trasmesso gli atti alla Procura per falsa testimonianza. Al processo penale davanti al giudice Boragine è emerso che l'impiegato aveva effettivamente mentito sulle circostanze della loro relazione, nel tentativo di tutelare la sua amante. Una condotta che gli è costata una condanna a un anno e quattro mesi di reclusione, con pena sospesa.
L'agenzia “IDFOX” autorizzata dalla Prefettura di Milano, sino dal 1992, è sinonimo, da sempre, di affidabilità, efficacia ed efficienza. Apprezzata dai clienti per i “risultati” ottenuti, si è evidenziata anche per la sua riservatezza, caratteristica fondamentale in tale ambito.
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Parlando di tradimento e infedeltà..
Il tradimento è il mancato rispetto di una promessa di fedeltà.
Oggi sono sempre meno le coppie che riescono ad essere fedeli tra di loro.
Il tradimento rappresenta una delle esperienza molto dolorose che l’essere umano può sperimentare, perché mette in discussione la dignità, il rispetto, l’identità e la relazione con l’altro.
Cause che spingono il partner a tradire:
- Non si sta bene insieme al proprio/a compagno
- L'insoddisfazione sessuale
- La mancanza di affetto
Spesso si è portati a formare una coppia per la paura della solitudine, per un bisogno di sicurezza e non perché si è interessati veramente all’altra persona.
L’infedeltà può assumere quindi diverse finalità: consolatoria, compensatoria, di rappresaglia o d’evasione: in ogni caso risponde ad una esigenza psicologica che rispecchia la salute della coppia.
Un aforisma del pittore John Harington dice: ” Il tradimento non trionfa mai: qual è il motivo? Perché se trionfa e diventa un grande amore, nessuno osa, ne può chiamarlo tradimento.”
Se una persona ti ama non esistono né se ne ma. Quando una persona ama non ha tempo di pensare ad un'altra persona!
Al di là di chi è il traditore e di chi è il tradito il tradimento coinvolge la relazione in sè, vale a dire il Noi, oltre all' Io ed il Tu. Quindi entrambi i partner, seppur con modalità diverse, sono coinvolti nella genesi della situazione extraconiugale.
RISULTATI GARANTITI CON PROVE GIURIDICAMENTE VALIDE
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IDFOX è autorizzata con licenza per investigazioni private Art.134 TULPS; autorizzazione Art. 222 del D.L.vo 271/89 ed Art. 327 Bis del c.p.p. così come modificati dalla L.397/00 l'effettuazione di indagini difensive a favore della difesa rilasciate dalla Prefettura di Milano.